domenica 3 settembre 2017

Tra cielo e terra

Sottotitolo: I G. e la montagna.

Noi G., nativi e acquisiti, amiamo la montagna. Qualcuno di noi ha aperto gli occhi per la prima volta e le ha viste intorno a sè. Altri invece le hanno sempre guardate da lontano, ma per fortuna spesso anche da vicino.

Ecco, il problema è che per me, unica G. acquisita, la montagna è qualcosa di più vicino alla baita del nonno di Heidi che a Livigno. Per me Livigno è solo una Monza incastrata tra i monti. Bella, per carità. Ma non direi mai che vado in montagna: vado a Livigno, a Bormio, a Ponte di Legno.






Se vado in montagna non ci deve essere nulla intorno, se non lo stretto necessario per sopravvivere.
E così le mie esperienze si sono ridotte: la delusione verso queste città alpine mi ha spinta a non crederci più nella promessa dei verdi pascoli e l'unico posto che mantiene un senso è quello in cui sono cresciuta: il Pian delle Betulle.

  Nella mia vita credo di aver incontrato tre persone che conoscessero il posto. E' un piccolo gioiellino nell'Alta Valsassina, in cui il tempo scorre più lento che altrove e la vita è sempre uguale a se stessa.
Non c'è nulla: un alimentari, qualche posto in cui mangiare, un albergo, una cinquantina di case, forse 100. Ma soprattutto colpisce ciò che manca: le macchine e nel 2017 anche un ricevitore degno di nota. Oggi è molto più evoluto di quando ero ragazzina io: ci sono le reti per saltare e un parco giochi, ma soprattutto un Jungle Rider Park e da quest'anno una piccola fattoria didattica. Dal mio punto di vista, che quando avevo 15 anni dovevo scarpinare per 20minuti in discesa e altrettanti in salita per saltare 10 minuti sulle reti, per i bambini di oggi c'è davvero tutto!

Amo questo posto per mille motivi: i miei hanno avuto la casa lì per una vita, per me l'estate e l'inverno era una meta sicura e fissa. D'inverno era bellissimo perchè c'era un sacco di neve una volta e si sciava. Le piste erano poche, ma erano tostissime quasi tutte: la leggenda dice che se impari a sciare al Pian delle Betulle potrai sciare ovunque.
D'estate invece  mi insegnava la noia, la lentezza delle giornata con le mosche grosse come libellule, con lo scampanellio delle mucche e i grilli che saltavano nei prati. Si cacciavano le rane microscopiche nel laghetto, si faceva a gara a chi aveva il coraggio di scendere nella piscina vuota a guardare altre rane, si guardavano interminabili partite di pallavolo in un campetto bianco abbacinante che ti abbrustoliva le cornee. Si facevano anche tante passeggiate, si giocava a nascondino oppure si stava al bar, a parlare del nulla a guardare le mucche, o il lago, o la Grigna. 
Arrivavo lì dopo un frenetico mese di mare, fatto di giochi e passerelle e giostre e con gli anni anche cotte adolescenziali. Approdavo al fresco e basta. Andavamo alla stalla a prendere il latte e te lo davano dai secchi in cui aveva ancora la schiuma, lo portavi a casa caldino, sentivi il calore sulle mani attraverso la bottiglia e aveva (ed ha) un sapore che il latte che prendi qui nei distributori se lo sogna con invidia.

Il Pian delle Betulle è ancora così. C'è la stessa gente (e non sempre ciò è bene) e gli stessi prati, le stesse rane, gli stessi gilli. I pastori che erano stati bambini con me sono oggi quelli che mandano avanti la malga, portando le mucche al pascolo in quota, riportandole in stalla, mungendole a mano. Sì a mano, come non so quanti pastori ancora fanno. Anni fa ricordo che una signora pastore mi disse che avevano preso il macchinario per mungere, ma alle mucche non piaceva e allora l'avevano lasciato lì. E io avevo amato la signora perchè aveva per le sue mucche un amore e una sensibilità che se avessero tutti i capi e i gestori di risorse si vivrebbe in paradiso.

In realtà nemmeno lì il tempo si è fermato, ma per fortuna non corre con i frenetici ritmi di quando sei a casa. Il Papi, che arriva da posti a metà tra cielo e terra, dice che anche da lui è così. Sono sicura che da Papi non è come qui a Milano o nella ridente Brianza, ma perchè sia lento come alle Betulle ce ne vuole.

I nostri bambini lì sono felici come lo sono stata io. Vivono in una dimensione magica, in cui dall'uscio di casa possono incontrare un cavallo che passa davanti alla loro porta per entrare nel bosco a cercare da mangiare, oppure possono entrare nella stalla e schivare oche arrabbiate e galline spaventate per vedere un vitellino che prende il latte dalla sua mamma, o fare una passeggiata e incontrare il pastore che ti porta ancora dalle mucche - quelle ci sono, non è che puoi andare a vedere i lama, al massimo le micro-rane. Possono andare da soli a fare la spesa e alzando il naso mentre attraversano il boschetto vedere uno scoiattolo. E sono anche liberi di annoiarsi, di perdersi nel cielo di quelle montagne che di notte regala delle stelle che qui ci siamo dimenticati che esistano.

Non abbiamo fatto nulla in quei giorni. 
Non ho consigli da dare per come passare il tempo per chi decide di verificare se quel posto è davvero così magico, non posso mettere un #10coseDaFareAlleBetullePerPassareIlTempo. Si può andare a cavallo, oppure fare il Jungle Rider Park, ma la cosa bella lì è lasciarsi prendere dal nulla e seguire la natura, le rane, i grilli, i ramoscelli per fare le capanne. Ai miei bambini spesso dicevo di sdraiarsi nel prato a pancia in giù e di guardare quanta vita ci sia lì in mezzo, quanti animaletti che noi ignoriamo in realtà popolino freneticamente questa terra. Io e Papi la sera coloravamo Mandala, non so se riesco a spiegare la portata del niente in cui ci siamo calati! - e abbiamo anche scoperto il potere terapeutico della cosa: tra un pianto perchè la mia vita normale purtroppo lascia poco tempo alla vita vera, e la sorpresa per un'interessante scelta di scala cromatica che in quel punto ci stava proprio bene -.

Papi mi dice che è un posto meraviglioso, ma è un paradiso costruito, come la città di The Truman Show. E' vero forse, ma in questo caso è costruito intorno ad una realtà che è stata lasciata in gran parte inviolata. E' stato costruito intorno alla stalla e ai suoi pastori, intorno ai boschi che ci sono ancora e intorno ai pascoli. 

Siamo stati 10 giorni senza televisione, e il telefono prendeva solo vicino alla funivia (eh sì, non essendoci macchine o si sale con le proprie gambette o si sale in funivia!), non compriamo i quotidiani d'abitudine e non avevamo una radio. Il mondo alle nostre orecchie, in quei 10 giorni è arrivato solo per sentito dire.

Il problema è che poi, quando scendi dalla funivia già la differenza di temperatura ti dice che forse, arrivavi davvero da un paradiso perduto e l'impatto con il 2017 è sempre un po' violento.

Ecco, vi dico una cosa bella da fare al Pian delle Betulle: assaporare il tempo che normalmente ci lasciamo rubare dal nulla. Ma il nulla quello vero, quello che non ti accorgi e hai sprecato una giornata a correre per lui.

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